giovedì 28 giugno 2012

La schedina


Era la festa del paese, una di quelle che per fiere, mercati ed ambulanti vari, richiamano migliaia di persone dal contado per decine di chilometri, sicché la tabaccheria sotto i portici straripava di gente.

Pazientemente in fila giocatori e sistemisti si sottoponevano alla lunga fila, rallentata dalle elaborate operazioni di incollatura delle fascette di convalida sulle schedine (le macchinette  automatiche non erano ancora state inventate) ed anche per la mano non esattamente ferma del buon gestore che - come ricorderete - aveva superato abbondantemente le settanta primavere.

Fra questi c’era anche Roccomaria e, quando finalmente giunse il suo turno ad alta voce, perché tutti potessero sentire, si rivolse al tabaccaio:
- Maestro, a me metta una fascetta buona, non di quelle che fa lei.
Il silenzio calò nell’angusto locale fino a poco prima brulicante di vita.
Rocco, con aria complice ma sempre ad alta voce, voltosi verso la coda dei paesani, continuò:
- Si, perché qui, il maestro, mette le sue di fascette, incassa i soldi e non inoltra le giocate. In questa ricevitoria, infatti, mai nessuno ha vinto qualcosa.

Poi rivolto direttamente a quello che lo seguiva, un affarino piccolo dal viso rubizzo, e con tono minaccioso lo interrogò:
- Lei, per esempio, ha mai vinto qualcosa?
L’avventore, sovrastato da tanto omone, anche se avesse stabilito il primato in fatto di scommesse fortunate, si sarebbe ben guardato a contraddirlo.
- Come volevasi dimostrare!
Ed uscì.

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