giovedì 28 giugno 2012

Fra' Rocco




“Il Tucul è una capanna,dove Jambo fa la nanna...”
Dall’allegra tavolata il coro dei subalterni s’alzava libero e vigoroso in onore degli ufficiali nuovi assegnati.
Questi benché prevenuti per tutte quelle dicerie sul trattamento loro riservato presso i reggimenti dalle Calotte, dovevano ricredersi e prendere atto, con vero sollievo, che in quel reparto non succedeva nulla di tutto ciò che era stato loro paventato presso la scuola di formazione.
Anzi erano stati accolti con la massima cordialità e correttezza, e gli anziani avevano addirittura portato loro le valige in baracca.
Ed ora eccoli lì, in mezzo alla più bella, goliardica ed allegra Calotta, alle prese con una cena ricca d’ogni ben di dio, ove il generoso vino rosso scorreva a fiumi per la gioia dei loro vent’anni mal fatti.

E c’erano proprio tutti: lo snello Capocalotta assiso sul tronetto, gentile e gioviale padrone di casa, ai suoi lati i tenenti anziani, com’era giusto ai posti d’onore e c’era perfino il cappellano, un frate gioviale e disinibito, che sprizzava gioia di vivere ed allegria da ogni poro dei suoi centotrenta chili.
Sembrava proprio uno di loro, peccato che qualcuno - prima della cena - avesse alluso a certe, non comprovate, sue abitudini sessuali non in linea con la sacralità del saio, e neppure con le regole della più normale eterosessualità.

“Tucul, è un antro nero che si entra dal didietro...”
Sulle tavole imbandite d’argento e cristalli, erano state spazzolate leccornie raffinate: antipasti di carne e di magro, caldi e freddi, risotti e paste ripiene avevano preceduto la cacciagione incorniciata da “petits pois e pommes de terre”, rigorosamente alla parigina.
Ed il cappellano era la quarta volta che s’alzava ad invitare a brindisi collettivi, come se non fossero già sufficienti quelli individuali.

“Tucul, tucul, tucul, tucul, tucul...”.
“Questa sì che è vita...”, apprezzavano i festeggiati che mai s’erano trovati al centro di tante attenzioni.
- Zanframundo, - tuonò l’elegante padrone di casa - è ora del battesimo. Portaci lo Chamapgne ... .
- Signor tenente, è rimasto solo dello champenoise... .
- Eh, no! La circostanza richiede lo Chamapgne. Non possiamo fare quest’affronto ai nostri  amici. Cosa vogliamo che pensino di noi.

Mai quegli ufficialetti avrebbero solo sognato tanto, e poi forse adesso esageravano, champagne o champenoise, sempre battesimo era. Perché guastarsi la serata?
Fra’ Rocco, il cappellano, propose:
- Andiamo tutti ai “Marmi; l’ultima macchina che arriva, offre champagne a tutti!
- Fantastico, bell’idea... .
- Ma io non ho la macchina - protestò col Cappellano il pivello che gli sedeva accanto.
- Niente paura! Ti ci porto io. Conosco pure una scorciatoia e li freghiamo tutti.
Il giovane guardò il cappellano con un misto di perplessità ed ammirazione.
Altro che finocchio - pensò tra sé - questo è il più dritto di tutti.

Ancora un brindisi e poi fu una volata: come avesse avuto il fuoco alle calcagna, l’allegra brigata, spintonando e sgomitando, guadagnò la porta.
Fra’ Rocco, col saio a metà dei nudi polpacci, correva più degli altri; il nuovo amico lo seguiva con rinnovato entusiasmo.
Nella notte ormai avanzata che avvolgeva la guarnigione, lo sgommare delle ruote lacerò paurosamente le tenebre, voci eccitate e clacson si rincorsero tra un luccichio di stop, svoltando tutti a destra.
Fra’ Rocco a sinistra.
- Ma ... .
- Non ti preoccupare. E’ la scorciatoia.

L’auto col reverendo alla guida e l’elegante ufficialetto a lato, imboccò una strada bianca, in quel che a prima vista sembrava un boschetto, slittando un po’ sul fondo battuto reso viscido dall’umidità notturna.
Il pivello, viepiù eccitato, controllò l’orologio dell’autovettura:
- Quanto ci vorrà ... .
- Poco - fece il frate in tono promettente - ancora un poco e poi ... ne vedrai delle belle.
- Grande! - ribatté l’ufficiale - Che mangiata, ragazzi. Se la naia è così, giuro che metto firma.

L’auto procedeva spedita: dal folto degli alberi filtrava appena qualche rara stella e lo spettacolo della notte conciliava l’anima con la natura.
Il giovane si rilassò un attimo; una certa stanchezza sembrava subentrare in lui che, già provato dal faticoso viaggio in treno del giorno prima, aveva ora anche esagerato col vino e la forchetta.
Il riscaldamento dell’autovettura fece il resto: chiuse gli occhi, cedendo alla stanchezza.

Poi qualcosa di strano lo trasse repentinamente dal torpore: erano arrivati! “Oddio lo Champagne ...” .
La testa sembrava spaccarsi, tanto gli martellavano le tempie; volse lo sguardo in cerca del locale: niente. Solo alberi:
- Ma che succede?
- Nulla, caro. - Il frate, proteso su di lui, lo fissava sorridendo dal suo posto di guida.
- Diciamo che ci siamo persi - aggiunse melodioso, sfiorandogli con mano decisa un bottone dorato dell’uniforme - … tanto vale ingannare piacevolmente l’attesa del giorno.
Il giovane guardava il frate - il saio tirato sulle ginocchia - con indicibile orrore: “allora erano vere le chiacchiere. Proprio a lui doveva capitare?”
- Nooo!
L’urlo sembrò risuonare per chilometri nel bosco, lacrimoso, implorante, impetrante, mentre invano le sue mani correvano all’affannosa ricerca della maniglia, manigoldamente asportata in precedenza.
- Sii buono, caro, comportati da uomo...
- Appunto! Aiutooo ...
Le urla cominciavano ad offendere i timpani del santo uomo (si fa per dire) e quello, che santo non era e che infondo teneva a quel poco di salute che gli restava:
- Aiuto! - cominciò ad urlare lui stesso, intrecciando le sue invocazioni a quelle del giovane, sicché sarebbe stato ben arduo per un osservatore, che fosse solo in quel momento sopraggiunto, distinguere la vittima dal carnefice.
In quello i fari di una ventina d’auto illuminarono a giorno la radura.
Le risate per la burla ben riuscita si fusero alle incessanti invocazioni d’aiuto del neo subalterno che, ancor più frastornato, sembrava ormai in preda ad una vera e propria crisi di nervi.

Roccomaria si tolse il saio e tentò di presentarsi nella sua vera veste di Capocalotta.
Ma quello aveva già giurato che mai più si sarebbe fidato d’un prete, men che mai se... falso.

Nessun commento:

Posta un commento

Grazie per il tuo commento che sarà pubblicato quanto prima.