giovedì 28 giugno 2012

Il volontario


Lui era un volontario nato e pertanto non mancava occasione per farsi avanti purché, ovviamente, non si trattasse di offrirsi per compiti che lo mettessero a stretto contatto con i superiori. D’altra parte il suo incarico di “addetto ai servizi vari” gli dava agio di spaziare fra i ruoli più disparati.
Era giunto allo squadrone con gli altri del suo contingente, di media statura, asciutto, viso aperto ma dall’aria furbetta, e già al colloquio preliminare aveva avanzato proposte ed offerto collaborazione:
- signor capitano, disponga pure di me ove necessario  poiché, benché io sia studente e quindi adatto alla fureria, ho fatto i mestieri più disparati quali il benzinaio, il magazziniere, l’autista, il cameriere...
- quali scuole hai frequentato?
- ecco, vede, proprio perché dovevo lavorare, non sono mai andato oltre il 2° ragioneria...
- e dove hai fatto il magazziniere?
- mio zio ha una piccola attività di robivecchi...
- che patente hai?
- quella della moto, però, ho già guidato il camioncino di mio cugino... .
Finì in cucina truppa a lavare i piatti e ci rimase un bel po’ tanto il capitano quasi se ne dimenticò, finché una mattina di primavera inoltrata, all’alzabandiera, il Comandante di Reggimento non chiese  chi si intendesse  di campi da tennis.

- Comandi! s’alzò da dietro alle spalle del comandante del 1° squadrone.
Era lui, il volontario.
- Come ti chiami?
- Cavalleggero Nanni, signor colonnello;
- che incarico hai?
- 79, servizi vari, signor colonnello;
- molto bene! Magnifico! - esclamò il superiore, fermando con un perentorio cenno della mano il capitano che sembrava voler dire la sua - ... da oggi sei l’addetto al campo da tennis; innaffierai,  rullerai e passerai la stuoia, curandolo come fosse tuo.
Quindi, rivolto  al capitano, con tono che non ammetteva repliche: - ...e che non venga distratto dal compito per nessuna ragione.

E Nanni così fece carriera passando dai piatti sporchi al rullo, dal detersivo alla canna per innaffiare e, soprattutto, dal chiuso di un fumigante ed umido locale lavastoviglie all’aperto di un nuovo fiammante campo da tennis in terra rossa, creatura ed orgoglio del Colonnello comandante.
Solo che lui i campi da tennis li aveva visti soltanto per televisione: innaffiare era intuitivo, pensava, bastava attaccare la lancia ed aprire il rubinetto, ma per rullare, spingere o tirare? Questo era il dilemma.
A dirimere ogni dubbio fu proprio il Comandante di reggimento, il giorno dopo, intorno alle dieci del mattino, allorché lo sorprese a spingere il rullo su un ben inzuppato pastrocchio di terra ormai color mattone cotto, indossando, per non bagnarsi i piedi, i pesanti anfibi dell’uniforme da combattimento.
Tornò fulmineamente ai vecchi piatti sporchi, mentre all’alto ufficiale non bastarono tre giorni per riprendersi dal travaso di bile.

Non passò molto, tuttavia, che ricomparve allo squadrone:
- Mi hanno cacciato; l’ufficiale al vettovagliamento doveva allacciare la nuova lavastoviglie...
E raccontò ad un incredulo capitano come, offertosi al posto dell’elettricista di servizio occupato altrove, per spostare una presa di corrente - lavoro elementare per lui già provetto operaio nella ditta del fratello di sua madre - ...nel riattaccare il quadro generale si fosse, inspiegabilmente, prodotto un principio d’incendio che, insieme al danno, aveva causato il suo totale e definitivo allontanamento anche dai soli paraggi della mensa truppa.

Respinto da tutti, Nanni rimase così “a disposizione” dello squadrone e qui, col tempo - nessuno seppe mai se fu affinità o calcolo - divenne il miglior amico di Nerone, il cane del capitano che, ormai rassegnato, aveva catalogato il cavalleggero fra quelle avversità che ciclicamente ciascuno incontra nel corso della carriera:
- Vedo che t’intendi di animali;
- sa, mio nonno aveva...
Esperto ormai di quanto irrefrenabile fosse la fantasia del subordinato nell’illustrare improbabili esperienze di lavoro, il capitano girò sui tacchi e si allontanò senza ascoltare il resto.
Certo disapprovava il cane del quale, fino a quel momento, aveva avuto la massima considerazione e che, a suo avviso, nello scegliersi le amicizie avrebbe dovuto tener conto del valore di quell’uomo che “bucava”  sistematicamente tutti gli incarichi per i quali si offriva spontaneamente. Spaccista, i conti non erano più tornati; magazziniere, l’Ufficiale di Picchetto lo aveva beccato a “portar fuori” una giacca a vento; imbianchino, aveva verniciato insieme pareti, prese di corrente ed interruttori.
Ma Nerone perseverava nella sua simpatia, incurante dell’irritazione del padrone ed anzi un bel giorno allargò la cerchia delle amicizie coinvolgendo anche Aida, la cavalla dell’ufficiale che, quasi senza avvedersene e suo malgrado, si trovò così un nuovo palafreniere.
- Ma, allora, è vero che t’indendi di animali?
- Mai visto uno, signor capitano, però finalmente mi sembra di aver trovato il mio posto e, tra Nerone e l’Aida, dovrà pur passare questa naia... .

Mai animali furono trattati meglio e quando alla lunga arrivò il giorno del congedo, Nerone lo accompagnò fino all’incrocio con la statale e rimase lì finché non lo perdette dietro la svolta che lo restituiva alla sua vita.

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