Lui era un volontario
nato e pertanto non mancava occasione per farsi avanti purché, ovviamente, non
si trattasse di offrirsi per compiti che lo mettessero a stretto contatto con i
superiori. D’altra parte il suo incarico di “addetto ai servizi vari” gli dava
agio di spaziare fra i ruoli più disparati.
Era giunto allo
squadrone con gli altri del suo contingente, di media statura, asciutto, viso
aperto ma dall’aria furbetta, e già al colloquio preliminare aveva avanzato
proposte ed offerto collaborazione:
- signor capitano,
disponga pure di me ove necessario
poiché, benché io sia studente e quindi adatto alla fureria, ho fatto i
mestieri più disparati quali il benzinaio, il magazziniere, l’autista, il
cameriere...
- quali scuole hai
frequentato?
- ecco, vede, proprio
perché dovevo lavorare, non sono mai andato oltre il 2° ragioneria...
- e dove hai fatto il magazziniere?
- mio zio ha una piccola attività di
robivecchi...
- che patente hai?
- quella della moto, però, ho già guidato il
camioncino di mio cugino... .
Finì in cucina truppa
a lavare i piatti e ci rimase un bel po’ tanto il capitano quasi se ne
dimenticò, finché una mattina di primavera inoltrata, all’alzabandiera, il
Comandante di Reggimento non chiese chi si
intendesse di campi da tennis.
- Comandi! s’alzò da
dietro alle spalle del comandante del 1° squadrone.
Era lui, il
volontario.
- Come ti chiami?
- Cavalleggero Nanni,
signor colonnello;
- che incarico hai?
- 79, servizi vari,
signor colonnello;
- molto bene!
Magnifico! - esclamò il superiore, fermando con un perentorio cenno della mano
il capitano che sembrava voler dire la sua - ... da oggi sei l’addetto al campo da
tennis; innaffierai, rullerai e passerai
la stuoia, curandolo come fosse tuo.
Quindi, rivolto al capitano, con tono che non ammetteva
repliche: - ...e che non venga distratto dal compito per nessuna ragione.
E Nanni così fece
carriera passando dai piatti sporchi al rullo, dal detersivo alla canna per
innaffiare e, soprattutto, dal chiuso di un fumigante ed umido locale
lavastoviglie all’aperto di un nuovo fiammante campo da tennis in terra rossa,
creatura ed orgoglio del Colonnello comandante.
Solo che lui i campi
da tennis li aveva visti soltanto per televisione: innaffiare era intuitivo,
pensava, bastava attaccare la lancia ed aprire il rubinetto, ma per rullare,
spingere o tirare? Questo era il dilemma.
A dirimere ogni
dubbio fu proprio il Comandante di reggimento, il giorno dopo, intorno alle dieci del
mattino, allorché lo sorprese a spingere il rullo su un ben inzuppato
pastrocchio di terra ormai color mattone cotto, indossando, per non bagnarsi i
piedi, i pesanti anfibi dell’uniforme da combattimento.
Tornò fulmineamente
ai vecchi piatti sporchi, mentre all’alto ufficiale non bastarono tre giorni per riprendersi
dal travaso di bile.
Non passò molto,
tuttavia, che ricomparve allo squadrone:
- Mi hanno cacciato;
l’ufficiale al vettovagliamento doveva allacciare la nuova lavastoviglie...
E raccontò ad un
incredulo capitano come, offertosi al posto dell’elettricista di servizio
occupato altrove, per spostare una presa di corrente - lavoro elementare per
lui già provetto operaio nella ditta del fratello di sua madre - ...nel
riattaccare il quadro generale si fosse, inspiegabilmente, prodotto un
principio d’incendio che, insieme al danno, aveva causato il suo totale e
definitivo allontanamento anche dai soli paraggi della mensa truppa.
Respinto da tutti,
Nanni rimase così “a disposizione” dello squadrone e qui, col tempo - nessuno
seppe mai se fu affinità o calcolo - divenne il miglior amico di Nerone, il
cane del capitano che, ormai rassegnato, aveva catalogato il cavalleggero fra
quelle avversità che ciclicamente ciascuno incontra nel corso della carriera:
- Vedo che t’intendi
di animali;
- sa, mio nonno
aveva...
Esperto ormai di quanto
irrefrenabile fosse la fantasia del subordinato nell’illustrare improbabili
esperienze di lavoro, il capitano girò sui tacchi e si allontanò senza
ascoltare il resto.
Certo disapprovava il
cane del quale, fino a quel momento, aveva avuto la massima considerazione e
che, a suo avviso, nello scegliersi le amicizie avrebbe dovuto tener conto del
valore di quell’uomo che “bucava”
sistematicamente tutti gli incarichi per i quali si offriva
spontaneamente. Spaccista, i conti non erano più tornati; magazziniere,
l’Ufficiale di Picchetto lo aveva beccato a “portar fuori” una giacca a vento;
imbianchino, aveva verniciato insieme pareti, prese di corrente ed
interruttori.
Ma Nerone perseverava
nella sua simpatia, incurante dell’irritazione del padrone ed anzi un bel
giorno allargò la cerchia delle amicizie coinvolgendo anche Aida, la cavalla
dell’ufficiale che, quasi senza avvedersene e suo malgrado, si trovò così un
nuovo palafreniere.
- Ma, allora, è vero
che t’indendi di animali?
- Mai visto uno,
signor capitano, però finalmente mi sembra di aver trovato il mio posto e, tra
Nerone e l’Aida, dovrà pur passare questa naia... .
Mai animali furono
trattati meglio e quando alla lunga arrivò il giorno del congedo, Nerone lo
accompagnò fino all’incrocio con la statale e rimase lì finché non lo perdette
dietro la svolta che lo restituiva alla sua vita.
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie per il tuo commento che sarà pubblicato quanto prima.