Come molte sere, Pino
e Roccomaria erano intenti a preparare la loro cena da scapoli.
Entrambi vantavano
doti culinarie sopraffine, il primo perché il lungo impiego al vettovagliamento
ne aveva stimolato l’interesse professionale, al secondo, invece, l’attendere
alla preparazione di buoni e squisiti manicaretti dava più gioia che qualsiasi
altra cosa al mondo.
Come ogni volta che i
due si organizzavano, mettevano insieme le “forze” per cui Pino prendeva su la
sua parte di vettovaglie e si recava a casa di Roccomaria distante solo pochi
numeri civici più in là, quello di contro
si adoperava mettendo a disposizione oltre alla casa, il resto delle cose da
cuocere, apparecchiava la tavola e di buon accordo, alla fine, rigovernavano la
cucina, chiudendo la serata davanti alla televisione oppure con un mazzo di
carte in mano.
Willycow, il
coinquilino di Roccomaria mai che si cimentasse in siffatte operazioni, ché
anzi si presentava puntualmente all’ora che i due si mettevano a tavola come
se, per una strana coincidenza, passasse di da là giusto a quell’ora:
- Cosa c’è di buono?
- allungava il prominente naso - buonissimo! - approvava.
Quindi prendeva
piatto e forchetta e senza dir nient’altro, si sedeva, mangiava servendosi in
abbondanza, fedele all’adagio popolare che vuole che “dove c’è per due,
mangiano anche tre”, ed alla fine:
- Beh, ragazzi ci
vediamo ... .
E così come era
arrivato - insalutato ospite - se ne andava, lasciando i piatti e stoviglie sul
tavolo ed i due furiosamente scornati.
Il rituale si
ripeteva immancabilmente e puntualmente tutte le volte, finché una di queste
Pino, nel rovistare nella dispensa di Roccomaria, non trovò delle scatolette:
- Roccomaria, che roba è questa?
- Niente, è per
Napoleone, il gatto dell’Adelina. L’ho messo all’ingrasso, magari un giorno di
questi gli faccio fare la stessa fine che farà Willycow se si presenta anche
stasera, e poi me lo mangio.
In quello a Pino
venne un’idea diabolica:
- Ed invece spero
proprio che stasera Willycow arrivi ... - e così dicendo cominciò ad armeggiare
con l'apriscatole.
- Sei grande, amico
mio. - approvò subito il malefico omone, sempre pronto ad assecondare le
perfidie altrui.
Di lì a mezz’ora,
ecco giungere l’ignaro Willycow:
- Stasera ho una fame
della miseria ... .
La frase gli si
strozzò in gola: il suo sguardo aveva inquadrato una tavola desolatamente
disadorna di qualunque traccia di un’imminente
cena.
Che avesse sbagliato
orario?
Un rapido e nervoso
controllo all’orologio e quindi con risentita convinzione protestò:
- Ehi, ma qui non si
mangia!
- Sei “sfigato”, amico mio, stasera abbiamo da
fare ed usciamo.
- Si, va be'. Ma io
cosa mangio? - s’agitò quello prendendo a frugare nell’armadio dispensa.
- Arrangiati! - fu l’impietosa risposta.
Willycow disperato
passò allo stipo e quindi al frigorifero e qui, meraviglia delle meraviglie,
adocchiò un piatto protetto in pellicola trasparente: nel bel mezzo d’una
tenera foglia d’insalata, guarnita di cipolline, olive nere, e mezzo succoso
limone artisticamente tagliato, troneggiava la cilindrica sagoma di quello che nelle intenzione dello
scatolatore doveva rappresentare l’appetitoso nutrimento dei piccoli felini
amici dell’uomo.
Willycow non ci pensò
due volte, agguantata una forchetta si pose al suo solito posto e sotto lo
sguardo soddisfatto dei due ribaldi ripulì il piatto con veri mugolii di
piacere.
- Proprio buona
questa carne. E poi dicono le scatolette.
Tolse il piatto,
lasciandolo sporco nel lavello e se ne andò nella sua stanza, offeso con gli
amici che uscivano senza di lui.
I due complici si
avviarono verso la trattoria:
- Forse dovremmo dirglielo che era Kit &
Kat ... .
- Fossi matto. -
sentenziò Roccomaria - Ne ho ancora quattro scatole ... .
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