mercoledì 27 giugno 2012

Roccomaria, il Capocalotta


Conosco Roccomaria allorché vengo trasferito per punizione al nuovo Reggimento, stanziato nell’innominata Guarnigione di ... .

Lui è il Capocalotta in quanto è l'ufficiale subalterno più anziano dell'Unità.

In verità, credo sia stato anche il tenente più anziano d'Italia, avendo maturato almeno tre lustri nei due gradi più bassi d'ufficiale.

Proviene, infatti, dal complemento ed ha vinto il concorso per il passaggio in servizio permanente, nel Ruolo Speciale Unico, sorta di purgatorio ove ti relegavano - beffa per aver superato severi esami in un concorso pubblico, 100 posti per migliaia di concorrenti -  degradato con relativa perdita del soldo e trasferito ad altra sede, a meditare sulla stranezza che voleva gli ex tuoi colleghi di complemento rimasti al palo, conservare grado, soldo, sede e posto di lavoro.

E' l'uomo, forse, più intelligente che mi sia capitato di incontrare.

La sua è un'intelligenza particolare, sostenuta da una memoria prodigiosa e confortata da una rapidità di processi mentali che gli consente di condurre, con esito favorevole, fin tre partite a scacchi "alla cieca", ove unica condizione ai suoi avversari è di sedere ad una decina di metri l'uno dall'altro e di annunciare le mosse ad alta voce.

E' un omone immenso, forse sul metro e ottanta per centotrenta chili di peso, tenuti insieme da una voracità pantagruelica, spesso soddisfatta con cene da dieci, dodici, fino a venti portate.

La sua voce è degna di tanta mole: quando apostrofa qualcuno, i timpani del disgraziato vibrano di sollecitazioni assimilabili solo a quelle prodottesi negli esperimenti di Bikini.

Nonostante la mole, è sorprendentemente agile sullo scatto, resistente allo sforzo fisico improvviso e le sue braccia sollevano pesi ostici per due uomini.

Ed è proprio la sua forza a colpirmi sulle prime, allorché con l’intera Calotta, allineata e coperta in veste di bassa manovalanza, giunge ad aiutarmi a scaricare il camion del trasloco.

Allora tutti i miei averi si limitavano ad un giradischi con relativo registratore ad alta fedeltà, poche suppellettili, ed otto scatoloni di libri, pesanti neanche fossero stati pieni di piombo: - fate largo "miserabili"! - intimava Roccomaria ai subalterni con quella sua prodigiosa vociona, mentre arrancava fino al terzo piano con uno scatolone sulla schiena, - toglietevi dai piedi, "signorine", ché il peso della cultura è per pochi.

Figura amata dai giovani ufficiali che pendono dalle sue labbra sempre pronte alla narrazione, spesso improvvisata, di fatti il cui legame con la realtà è il più delle volte solo occasionale, ma testimoniati con la più spudorata delle dichiarazioni di fede, come fossero episodi storici di capitale importanza.

Un milione di volte ho rimpianto di non aver avuto un registratore a portata di mano durante quelle incredibili sedute, perché mai nessuno riuscirà a rielaborare quei racconti con la sua verve, con quella proprietà di linguaggio e partecipazione che gli erano proprie.

Il suo spirito e le sue battute sono di quelle che rimangono negli annali; alcune hanno segnato a vita l’immagine di un individuo, consegnandolo alla memoria del reggimento con un nome od un appellativo che, con felice sintesi, ne immortalava pregi e difetti, questi ultimi in particolare. Si, perché credo che nessuno di noi si sia salvato dal suo battesimo che difficilmente offendeva, perché l'arguzia condiva il motto, addolcendone il senso.

Nella landa dei trecento ettari di bosco, sottobosco e baraggia che costituisce la guarnigione in cui vivevamo e che ci intristiva soprattutto sul finir del giorno, quando il frastuono delle convulse attività addestrative cedeva ai silenzi scanditi dal sibilo del vento fra i rami d’antiche querce e dalle grida improvvise d’invisibili animali selvatici, la sua fantasia ti assimilava al “selvaggio” delle lontane praterie, al pellerossa primitivo immerso in simbiotica unione con la natura. Nella sua mente incline al lazzo, nascevano nomi quali "pesce d'acqua di fuoco", "pino sussurrante", "caldaia nera"... , laddove era facile in essi individuare il campione locale d’improbabili bevute, l'autoctono inaffidabile gazzettino d’ogni pettegolezzo od il superiore sempre ...di pessimo umore.

Ed in effetti, i superiori - intenti com’erano ad indirizzare l’Unità ai suoi scopi istituzionali - spesso non apprezzavano quello spirito libero che con arguta lingua e senza riguardo alcuno motteggiava fatti e persone, ravvivando un mondo che appariva di contro noioso e desolato, soprattutto per quanti - come i giovani subalterni scapoli - al termine d’una faticosa giornata di lavoro, non potevano rifugiarsi nell’accogliente seno della propria famiglia.

I personaggi da lui creati gli sono sopravvissuti, così come molti dei suoi modi di dire, e la memoria di fatti - alcuni dei quali non sempre esattamente edificanti od in linea con la severità dell'uniforme - che lo hanno visto protagonista.

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