Conosco Roccomaria
allorché vengo trasferito per punizione al nuovo Reggimento, stanziato
nell’innominata Guarnigione di ... .
Lui è il Capocalotta
in quanto è l'ufficiale subalterno più anziano dell'Unità.
In verità, credo sia stato
anche il tenente più anziano d'Italia, avendo maturato almeno tre lustri nei
due gradi più bassi d'ufficiale.
Proviene, infatti,
dal complemento ed ha vinto il concorso per il passaggio in servizio
permanente, nel Ruolo Speciale Unico, sorta di purgatorio ove ti relegavano -
beffa per aver superato severi esami in un concorso pubblico, 100 posti per
migliaia di concorrenti - degradato con
relativa perdita del soldo e trasferito ad altra sede, a meditare sulla stranezza
che voleva gli ex tuoi colleghi di complemento rimasti al palo, conservare
grado, soldo, sede e posto di lavoro.
E' l'uomo, forse, più
intelligente che mi sia capitato di incontrare.
La sua
è un'intelligenza particolare, sostenuta da una memoria prodigiosa e confortata
da una rapidità di processi mentali che gli consente di condurre, con esito
favorevole, fin tre partite a scacchi "alla cieca", ove unica
condizione ai suoi avversari è di sedere ad una decina di metri l'uno
dall'altro e di annunciare le mosse ad alta voce.
E' un omone immenso,
forse sul metro e ottanta per centotrenta chili di peso, tenuti insieme da una
voracità pantagruelica, spesso soddisfatta con cene da dieci, dodici, fino a
venti portate.
La sua voce è degna
di tanta mole: quando apostrofa qualcuno, i timpani del disgraziato vibrano di
sollecitazioni assimilabili solo a quelle prodottesi negli esperimenti di
Bikini.
Nonostante la mole, è
sorprendentemente agile sullo scatto, resistente allo sforzo fisico improvviso
e le sue braccia sollevano pesi ostici per due uomini.
Ed è proprio la sua
forza a colpirmi sulle prime, allorché con l’intera Calotta, allineata e
coperta in veste di bassa manovalanza, giunge ad aiutarmi a scaricare il camion
del trasloco.
Allora
tutti i miei averi si limitavano ad un giradischi con relativo registratore ad
alta fedeltà, poche suppellettili, ed otto scatoloni di libri, pesanti neanche
fossero stati pieni di piombo: - fate largo "miserabili"! - intimava
Roccomaria ai subalterni con quella sua prodigiosa vociona, mentre arrancava
fino al terzo piano con uno scatolone sulla schiena, - toglietevi dai piedi,
"signorine", ché il peso della cultura è per pochi.
Figura amata dai
giovani ufficiali che pendono dalle sue labbra sempre pronte alla narrazione,
spesso improvvisata, di fatti il cui legame con la realtà è il più delle volte
solo occasionale, ma testimoniati con la più spudorata delle dichiarazioni di
fede, come fossero episodi storici di capitale importanza.
Un milione di volte
ho rimpianto di non aver avuto un registratore a portata di mano durante quelle
incredibili sedute, perché mai nessuno riuscirà a rielaborare quei racconti con
la sua verve, con quella proprietà di linguaggio e partecipazione che gli erano
proprie.
Il suo
spirito e le sue battute sono di quelle che rimangono negli annali; alcune
hanno segnato a vita l’immagine di un individuo, consegnandolo alla memoria del
reggimento con un nome od un appellativo che, con felice sintesi, ne
immortalava pregi e difetti, questi ultimi in particolare. Si, perché credo che
nessuno di noi si sia salvato dal suo battesimo che difficilmente offendeva,
perché l'arguzia condiva il motto, addolcendone il senso.
Nella
landa dei trecento ettari di bosco, sottobosco e baraggia che costituisce la
guarnigione in cui vivevamo e che ci intristiva soprattutto sul finir del
giorno, quando il frastuono delle convulse attività addestrative cedeva ai
silenzi scanditi dal sibilo del vento fra i rami d’antiche querce e dalle grida
improvvise d’invisibili animali selvatici, la sua fantasia ti assimilava al
“selvaggio” delle lontane praterie, al pellerossa primitivo immerso in
simbiotica unione con la natura. Nella sua mente incline al lazzo, nascevano
nomi quali "pesce d'acqua di fuoco", "pino sussurrante",
"caldaia nera"... , laddove era facile in essi individuare il
campione locale d’improbabili bevute, l'autoctono inaffidabile gazzettino
d’ogni pettegolezzo od il superiore sempre ...di pessimo umore.
Ed in effetti, i
superiori - intenti com’erano ad indirizzare l’Unità ai suoi scopi
istituzionali - spesso non apprezzavano quello spirito libero che con arguta
lingua e senza riguardo alcuno motteggiava fatti e persone, ravvivando un mondo
che appariva di contro noioso e desolato, soprattutto per quanti - come i
giovani subalterni scapoli - al termine d’una faticosa giornata di lavoro, non
potevano rifugiarsi nell’accogliente seno della propria famiglia.
I personaggi da lui
creati gli sono sopravvissuti, così come molti dei suoi modi di dire, e la
memoria di fatti - alcuni dei quali non sempre esattamente edificanti od in
linea con la severità dell'uniforme - che lo hanno visto protagonista.
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